varianti II - figure geometriche

(29) Albrecht Dürer, Ritratto di giovane veneziana, attorno al 1506, olio su legno di pioppo, 28,5 x 21,5, n. invent. 557G, Galleria dipinti / Staatliche Museen Berlino
(29) Albrecht Dürer, Ritratto di giovane veneziana, attorno al 1506, olio su legno di pioppo, 28,5 x 21,5, n. invent. 557G, Galleria dipinti / Staatliche Museen Berlino
(30) Albrecht Dürer, La mora Caterina, 1521, disegno con punta d'argento, 20,1 x 14,1 cm, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi / Firenze
(30) Albrecht Dürer, La mora Caterina, 1521, disegno con punta d'argento, 20,1 x 14,1 cm, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi / Firenze
(31) Albrecht Dürer, L'architetto Hieronymus von Augsburg, 1506, pennellata nera, bianco accentuato, su carta blu, 39,1 x 26,7 cm, n. invent. KdZ 2274, Gabinetto incisioni su rame / Staatliche Museen Berlino
(31) Albrecht Dürer, L'architetto Hieronymus von Augsburg, 1506, pennellata nera, bianco accentuato, su carta blu, 39,1 x 26,7 cm, n. invent. KdZ 2274, Gabinetto incisioni su rame / Staatliche Museen Berlino

Già nel Ritratto di Oswolt Krel, la cui testa è incastonata in un parallelogramma, si inizia a intuire come Dürer, per descrivere i suoi personaggi, ricorresse anche a figure geometriche piane di base.

 

Ad esempio, la testa del Ritratto di giovane veneziana, conservato a Berlino, è racchiusa da un quadrato mentre un rettangolo con ovale inscritto forma il capo de La mora Caterina a Firenze.

Il quadrato della testa della sconosciuta veneziana condivide, in alcune sezioni, una linea che si diparte dalla zona in alto a sinistra per arrivare al centro dello bordo inferiore del quadro, lambendo guancia e mento. Da notare, in questo ritratto, la frequenza con cui Dürer impiegava i tratti di compasso (nel raggio del cerchio interno tratteggiato in nero), rappresentati come frecce, per definire posizioni e plasmare forme. 

 

Nella mora Caterina, il quadrato con più punti di intersezione è legato, in modo molto più stretto, alla struttura di linee composta da nove campi. L'ovale è perfettamente inserito in essa e delinea con precisione la rotondità del viso della donna e la cuffia aderente. 

 

Diverse relazioni di equivalenza completano il ritratto dell'inserviente di un rappresentante di commercio del re con cui Dürer era venuto a contatto durante il suo viaggio nei Paesi Bassi (1520-21).

Ad esempio, l'altezza della scriminatura si misura sulla larghezza della bocca mentre la distanza tra i due angoli interni degli occhi si ritrova in diversi punti.

 

Giovanni Maria Fara constatò che "il preciso interesse [di Dürer] non lascia spazio ad alcuna idealità". Pertanto è lecito dubitare che, in questo caso, si sia veramente in presenza di una grande ricerca della verosimiglianza percepita immediatamente. [1] 

Dürer stesso aveva annotato che "i visi dei mori raramente sono belli da vedere", che le fattezze dei loro corpi non sono belle. [2] È palese, che sulla differente fisionomia della donna di colore, studiata da lui con grande curiosità, predomini una correzione dell'estetica delle proporzioni quasi impercettibile. [3]

 

Un caso particolare è rappresentato dal disegno di Dürer, conservato a Berlino, L'architetto Hieronymus von Augsburg, che fa parte dei lavori preliminari per la pala d'altare Festa del rosario. Fu realizzato durante il secondo viaggio in Italia di Dürer nello stesso anno della veneziana, tuttavia con maggiore accentuazione del cerchio. Dürer ne utilizzò diversi come ausilio costruttivo per il ritratto dell'architetto: non solo il cranio ha una forma rotonda, ma con l'ausilio di cerchi l'artista predefinì anche l'estensione di guancia e mento e sistemò i singoli elementi del viso.



[1]  Giovanni Maria FARA, n. catal. I.8 "Albrecht Dürer, La mora Caterina, 1521", in: Catalogo mostra "Dürer e l'Italia", Scuderie del Quirinale / Roma, 10 marzo-10 giugno 2007, a cura di Kristina Herrmann Fiore, Milano 2007, pag. 81-87, nella fattispecie: pag. 117.

[2] Hans RUPPRICH, Dürer. Schriftlicher Nachlass, vol. 2, Berlino 1966, pag. 459.

[3] FARA, La mora Caterina, pag. 117.